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Le radici della violenza

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Lunedì 2 aprile alle 16.30, nell’aula delle adunanze del Palazzo di giustizia, giornata dedicata alla memoria dell'ispettore di Polizia Filippo Raciti con proiezione del cortometraggio “Ragazzini del Librino” di Carlo Lo Giudice

Lunedì 2 aprile alle 16,30, nell’aula delle adunanze del palazzo di giustizia di Catania, si terrà una giornata di dibattito e confronto sul tema della violenza e didicata alla memoria dell'ispettore di Polizia Filippo Raciti. Dopo la proiezione del cortometraggio “Ragazzini del Librino” di Carlo Lo Giudice, seguirà un incontro, aperto a tutta la città, cui parteciperà il dott. Luigi Barone, magistrato, il dott. Nicola Nociforo, psicanalista, e il dott. Nicola Spampinato, funzionario di Polizia.


 

Il 2 febbraio 2007 a Catania è stato ucciso l’ispettore di Polizia Filippo Raciti, deceduto a seguito delle ferite riportate negli scontri con i tifosi della locale squadra di calcio: questo il fatto, grave e amaro, che ha ferito profondamente tanti cittadini, gli stessi che si sono stretti intorno alla famiglia e alla Polizia durante i funerali.
Nei giorni immediatamente successivi si è detto tutto il male possibile del tifo violento organizzato, delle complicità delle squadre di calcio, della responsabilità di quanti non hanno saputo introdurre in Italia strumenti efficaci, analoghi a quelli che, ad esempio, hanno portato in Gran Bretagna alla soluzione del problema degli hooligans.
Col passare del tempo, però, pare che l’unica risposta che ci si possa attendere dallo Stato sia la solita: la repressione penale.
Alla constatazione che buona parte dei violenti erano minori d’età, non è seguito un naturale sentimento di sconcerto per una collettività che, ai propri figli più indifesi, non ha saputo fornire strumenti culturali idonei a farli crescere e maturare ma solo la richiesta di un esemplare intervento repressivo dello Stato.
L’omicidio di Raciti non ha suscitato una riflessione sulle carenze educative della famiglia, della scuola, sulle carenze dei servizi sociali che non hanno saputo cogliere i sintomi di un disagio che si accompagna sempre alla devianza minorile, è invece riaffiorata la polemica sull’abbassamento del limite della punibilità, riproponendo come unica soluzione la custodia cautelare in carcere, anche per i minori.
E in questo clima si inseriscono gli attacchi mediatici al provvedimento con cui il tribunale del riesame di Catania ha sostituito la custodia cautelare in carcere con la misura degli arresti domiciliari: coro di critiche al limite dell’insulto, cui, purtroppo, si è unita la stessa magistratura inquirente che, pur essendo parte nel processo, non ha esitato a rilasciare interviste sul giudizio in corso.
Al doveroso accertamento delle responsabilità penali dei singoli non può non accompagnarsi l’applicazione rigorosa delle norme in materia di sicurezza degli stadi, troppo spesso omessa, data la rilevanza degli interessi economici in gioco.
E’ troppo facile delegare all’autorità giudiziaria la soluzione dei problemi, è facile strumentalizzare il processo penale, trasformandolo in luogo della composizione del conflitto, piegando le ragioni, che presiedono al mantenimento della custodia cautelare, a fini che sono e devono rimanere fuori dal processo.
Nessuna voce si è levata a difesa dei magistrati che, rimanendo legati ai doveri del loro ruolo, che non è e non può essere quello di “dare segnali”, hanno esaminato gli atti e hanno adottato provvedimenti che sapevano essere “impopolari”, correndo il rischio di essere sottoposti, come avvenuto, alla gogna mediatica.
Le forze di Polizia sanno chi sono e da dove vengono i gruppi di tifosi organizzati, conoscono i luoghi in cui s’incontrano, è possibile individuare quali siano le loro fonti di finanziamento e predisporre delle misure idonee a prevenire più che a reprimere le condotte criminose.

La giornata di lunedì 2 aprile sarà un’occasione per incominciare a riflettere sulle radici della violenza, consapevoli che la repressione, benché necessaria, non è sufficiente e che non possiamo limitarci a piangere il sacrificio di un poliziotto, ma dobbiamo pretendere che mutino quelle condizioni che, nel nostro Paese, hanno trasformato gli stadi in luoghi pericolosi e le partite di calcio, in occasioni di guerriglia urbana.


Marisa Acagnino
Consigliere della corte d’appello di Catania

 

(02 aprile 2007)

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